Oggi parliamo della terza persona.
Sintetizzando quello che è un argomento ben più complesso, la terza persona può essere: onnisciente, ossia conoscere tutti i fatti come una presenza che segue la storia dall’alto e si sposta lì dove desidera andare, o omodiegetico, ossia seguire le vicende attraverso gli occhi di un personaggio come nel caso della prima persona. Se quest’ultima ha un campo vitale ristretto basato su cosa sente/vede/conosce, con una terza persona polifocalizzata – cioè che racconta attraverso diversi occhi – è possibile avere ampia visione della vostra storia.
Per capirci. Sto scrivendo un paranormal romance con licantropi e vampiri. Queste creature sovrannaturali, nemici naturali per eccellenza nel mondo paranormal, stanno per scontrarsi. Cosa posso raccontare della battaglia? Con una prima persona o una terza omodiegetica sarò costretta a focalizzarmi su un personaggio e sul suo combattimento. Potrò usare alcune parole per descrivere cosa accade attorno a me, cosa mi è possibile valutare in un momento di stasi del combattimento, ma poi sarò costretta a tornare sui nemici che sto affrontando – se non voglio che il personaggio muoia o creare una bolla in cui il tempo si ferma mentre mi guardo intorno.
Con una terza persona onnisciente, invece, posso mostrare tutto. Posso essere il protagonista intento a trasformarsi da uomo a lupo per azzannare un vampiro che sta attaccando un amico, posso essere l’antagonista che a un chilometro di distanza sta seguendo il combattimento con la super vista e guidando le sue forze senza sporcarsi le mani, posso essere gli animali spaventati nella foresta vicina a causa della presenza malefica dei due gruppi e dell’odore di sangue che li disturba, posso essere un umano alla guida della sua auto che per poco non ha un infarto quando un licantropo attraversa di corsa la carreggiata per raggiungere il gruppo di amici e aiutarli, posso essere il vento che scuote le fronde degli alberi e porta l’odore di battaglia a chi non può partecipare ed è in ansia lontano dallo scontro.
Posso essere tutto.
Detto così sembra davvero facile, vero? E invece no! Uno dei motivi per cui la terza persona non è gradita a molti è a causa del distacco emotivo. Se una prima persona vi immerge nei fatti come se ne faceste parte anche voi, la terza persona crea la sensazione di essere più lontani. Soprattutto se si usa una terza onnisciente raccontando solo i fatti senza scandagliare nel profondo le emozioni. Motivo per il quale questo tipo di narrazione è spesso sconsigliata. Tuttavia, io sono del parere che una buona penna può fare qualsiasi cosa.
Un altro ostacolo della terza persona è spesso creato dall’autore stesso. Usare questo tipo di narrazione non vuol dire infarcirlo di termini aulici, sinonimi rari, ghirigori artistici che fanno venire il mal di testa. Il lessico va sempre adattato al genere, al tempo storico, alla caratterizzazione dei personaggi, all’ambientazione. Se stiamo scrivendo un urban fantasy ambientato a Roma ai giorni nostri e uno dei protagonisti ha vent’anni, sarà molto difficile trovare scritto: Luca lo guardò con ardore dipinto negli occhi cerulei al ricordo della bellezza che prese possesso di ogni dedalo della sua mente. “Mio caro amico Pasquale Rossi, quando giungerà il nostro prossimo incontro? Vorrei raccontarti delle ultime vicende con Carla, sublime donzella che mi ha rubato il cuore e dipinto i miei sogni di stelle”.
Aiuto… Non so neanch’io cos’ho scritto.
Siamo a Roma, siamo ai giorni nostri, perciò direi: Il cervello di Luca si spense al pensiero di quei seni prosperosi che sognava da diverse notti. “Oh, Pasquà, ci dobbiamo vedere tipo subito. Ti devo dire di Carla, dio. Non ci sto più con la testa, non ci sto più! M’ha fottuto di brutto”.
“Ma come sei terra terra, MÂG” direte. “La terza persona ha un che di poetico”. Vero, motivo per il quale risulta distaccata. Ma questo non vuol dire che dobbiamo forzarla. Dobbiamo adattarla. È un mezzo comandato da noi, non il contrario. Come un’auto. Anche se abitiamo a Parigi, la splendida città dell’amore, se ci serve una Smart, compriamo una Smart, non certo una Limousine perché Parigi ispira romanticismo. Ed è proprio la capacità di adattamento e di modellare il punto di vista che ci permette di renderlo vero e fluido.
Ci sarebbe tanto altro da dire, tuttavia spero di avervi fornito una visuale generale dell’argomento.
Un abbraccio.
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