Recensione: "Where the dark stands still", di A. B. Poranek
- MÂG
- 20 mag
- Tempo di lettura: 4 min


Trama
Liska sa che è la magia è mostruosa e che chi la pratica è malvagio. Ha fatto di tutto per sopprimere il potere che le sboccia nel petto, con conseguenze disastrose. Così, per liberarsene, fugge dal suo villaggio e si inoltra nella Driada, il pericoloso bosco-vivo, per rubare il mitico fiore di felce, che le permetterà di esprimere il desiderio di una vita senza magia. Oltre al fiore, però, nella foresta Liska trova il Leszy, il demone guardiano del bosco, che invece di ucciderla le offre un patto: un anno di servitù in cambio del desiderio del fiore di felce. Costretta ad accettare per non morire, la ragazza viene portata dal mostro nel suo fatiscente maniero divorato dal bosco, e qui comincia a intravedere il groviglio di segreti e fantasmi che avviluppano il suo ospite. Eppure, intrecciati al dubbio, iniziano a germogliare in lei sentimenti nuovi. Ma qualcosa si sta svegliando nella Driada, qualcosa di letale e senza pietà. Qualcosa che spaventa persino il Leszy. Qualcosa che non può essere sconfitto, se Liska non abbraccia il mostro che ha sempre temuto di diventare…
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Il mio parere
Ho fatto fatica a entrare in sintonia con questo romanzo. La terza al presente si legge di rado e se aggiungiamo il lessico un po’ ricercato (che ho trovato giustissimo per l’ambientazione) e le parole in polacco non tradotte, l’inizio è stato complicato. Per semplificare la situazione, ho tenuto l’app aperta del traduttore finché non ho imparato i vari termini. Carino da un punto di vista di bagaglio personale, molto scomodo non aver trovato né la traduzione né un glossario.
Detto ciò, nonostante la narrazione dall’alto lontana dal lettore che a me non piace, pagina dopo pagina la storia mi ha conquistata.
Liska è nata con dei poteri molto pericolosi, che l’hanno costretta a una vita di solitudine, allontanata persino dalla sua famiglia. Preda della disperazione, cerca un fiore magico che si dice possa esaudire un desiderio. Il suo? Che le tolga i poteri. Al suo arrivo nel cuore della foresta, trova un maniero e un fiore, ma trova anche una creatura magica, il Leszy, il protettore della Driada, il quale le propone di mettersi al suo servizio per un anno e in cambio sarà lui stesso a esaudire il suo desiderio. Attenzione: non parliamo di un patto a luci rosse. Anzi, in questo romanzo non c’è alcuna scena del genere e l’ho trovato giustissimo, scene spicy avrebbero rovinato l’equilibrio della storia. Il Leszy vuole solo un aiuto con il maniero.
Fra il Leszy e Liska s’instaura un rapporto maestro-allieva, in cui il protettore della foresta le insegna a padroneggiare la sua magia. Piano piano, il carattere indisponente del Leszy si smussa e Liska inizia a sentirsi a casa sua.
Ma dietro la richiesta del Leszy fatta a Liska c’è molto di più.
La storia è ben cadenzata. Nonostante lo stile non molto fluido, c’è un’ottima semina di dettagli e piccoli misteri che vanno a comporre un quadro più grande. La verità celata. Il worldbuilding è ben gestito, non ci sono cose che non dovrebbero esserci nel setting dell’ambientazione e là dove accade qualcosa che può generare domande (ed eventuali buchi di trama), la spiegazione che tiene salda la coerenza è dietro l’angolo. Se l’inizio appare un po’ come una fiaba, anche grazie alla narrazione, più avanti emergono tratti del dark fantasy.
Il Leszy non è facile da inquadrare. Non ha la classica impostazione da bad boy tossico (grazie a Dio). È altalenante: a volte va via con freddezza, altre parla molto con Liska. Quando, più in là, si vengono a scoprire i suoi segreti, è difficile parteggiare per una scelta o l’altra che avrebbe potuto prendere. Per secoli si è comportato in un certo modo, ma chissà se scegliendo l’altra strada non avrebbe provocato cose ben peggiori. Il suo conflitto è molto comprensibile, così come il dolore che ha dovuto sopportare.
Liska all’inizio è una ragazza spaventata con il grande desiderio di essere accettata e non veder più scappare la gente da lei. Il suo background è forte, non ha mai avuto una vera casa, nessuno le ha dato sicurezza, solo distacco e disprezzo. Sembra rassegnata all’unica decisione possibile, ma piano piano acquista sicurezza in se stessa. Fa un po’ le veci dei bambini nei film horror che scendono in cantina per scoprire l’origine del rumore, ma fa comunque il possibile per rendersi utile. Si può comprendere il poco attaccamento alla vita dato il suo passato.
Il finale non mi è piaciuto. Da un punto di vista oggettivo, probabilmente non avrebbe potuto esserci altro finale. Da un punto di vista soggettivo, mi ha devastata. Certo, c’è stato un piccolo contentino, ma mi ha devastata lo stesso… I finali così non fanno per me, non riesco a leggerli senza poi starci male. In ogni caso, la storia è molto bella. Merita di essere letta. Con il senno di poi, dopo aver sbollito il finale, sono contenta di averlo fatto.
Ribadisco la difficoltà che ho avuto con le parole in polacco, sia perché non danno modo di comprendere nomi comuni e sfumatura, sia perché ho capito solo alla fine, con la traduzione su Google translate, che il Leszy chiama Liska “volpe” in quanto Liska assomiglia alla parola Lisu polacca, ossia volpe, e per tanto tempo mi sono domandata perché la chiamasse così. Non potendo associare le parole a nulla che si ricollegasse a qualcosa di simile in italiano, un glossario era doveroso.


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