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Recensione: "Quelli Sbagliati", di Daphne Ali


Gli spoiler sono occultati per chi ancora non ha letto il romanzo.

Trama


Giulio è un pilota di successo. Stefania una giornalista sportiva. Peccato che sono i figli di due scuderie di moto rivali che da anni si contendono il motomondiale.

Un incidente avvolto nel mistero condiziona la loro vita e il loro amore che tenevano nascosto.


Ma questa non è la loro storia.


Quelli che restano sono Jacopo e Nora, i figli sbagliati che nessun genitore vorrebbe. Pilota fallito lui, che tira avanti rivendendo pezzi di auto rubate nascosto nella periferia di Roma, e che vorrebbe gareggiare nella MotoGP. Ribelle dalla vena artistica lei, che sogna di partecipare a una corsa in sella alla sua Aprilia e che esprime i sentimenti solo sul blocco da disegno.

Sono le lettere lasciate da Stefania a farli avvicinare, nonostante siano anime distanti, agitate da un odio più antico dei loro padri.

C’è solo una cosa su cui sono d’accordo: l’amore non esiste.

Riuscirà Jacopo a superare i mostri del passato e tornare a gareggiare con le moto? E Nora capirà che il tipo di amore che ha ricevuto non è l’unico esistente?

Due come loro non possono innamorarsi perché gli hanno insegnato a odiarsi, o almeno questo è quello che credevano.


“Non è vero che i duri non hanno un cuore, sanno soltanto dove nasconderlo”.






Il mio parere


Avete mai letto un film? Questa è la sensazione che ho vissuto leggendo questo romanzo. Non è un classico romance dove vengono mostrati i fatti e le reazioni a caldo dei protagonisti. È la visuale su due vite distrutte con la voce fuori campo che ci porta a comprendere molto di più di quello che i personaggi riescono a mostrare. Sebbene da una prima persona presente mi sarei aspettata qualcosa di molto meno “pensato” e più diretto, ho apprezzato il modo diverso di portare il lettore nel mondo di due anime rifiutate sin dalla nascita. Proprio come un film, ho assistito ai loro tentativi di combattere contro tutto e tutti e ascoltato le parole che non riuscivano a dire neanche a loro stessi.


Le vite di Jacopo e Nora sono state sconvolte da un brutto incidente, tuttavia dentro di loro c’era già tanto dolore a causa delle rispettive famiglie. Entrambi fanno parte di due scuderie devote alla MotoGP che non solo hanno reso le due famiglie rivali, tanto da odiarsi, ma hanno sacrificato ogni cosa per la gloria in pista. Compreso i sentimenti e il calore famigliare. Jacopo si è costruito da solo la sua famiglia, composta da amici che ci sono sempre per lui. Fratelli anche se non di sangue. E Nora? Lei ha un’amica, la sua unica confidente, e un fidanzato, che tuttavia è tutt’altro che un luogo sicuro per lei.


Se Jacopo mi ha fatto tenerezza sin da subito e mi ha permesso di comprenderlo anche quando commetteva errori, Nora in alcuni casi non mi è piaciuta. Entrambi hanno eretto una corazza piena di spine che li porta a reagire nel modo sbagliato pur di difendersi, pur di scappare al loro destino. Jacopo si trova a far del male a una persona a cui vuole bene, ma non lo fa con l’intento di farla soffrire. Le sue difese si alzano e lui reagisce. Nora, invece, sa bene quello che fa a Davide. Se all’inizio un po’ riuscivo a comprenderla, soprattutto perché a lui andava bene lo stesso (e pareva tanto una situazione di comodo, oltre che una relazione tossica), c’è stata una scena in cui Nora è andata oltre l’atteggiamento indisponente diventando, ai miei occhi, cattiva. Cosa che non è.


Capita molto spesso che gli autoconclusivi, per esigenza di spazio ristretto, tratteggino a stento i personaggi secondari, quanto basta per fare da spalla o essere un antagonista. In questo romanzo, invece, gli amici dei protagonisti, anche se alcuni appaiono poco – come Al –, si vede che hanno una loro personalità, un passato e difficoltà nel presente. Questo mi ha incuriosito molto su di loro e sono contenta di sapere che i successivi volumi della serie riguarderanno Ludovico e Alberto.


SPOILER


Mi sono piaciuti molto i capitoli delle corse. Ho sentito l’adrenalina, la paura di non farcela e il desiderio di riuscirci. Le scene non si sono concluse in due righe, ma hanno trasudato la passione dei protagonisti. Inoltre, ho visto un’accuratezza che non è scontata. Anni fa seguivo la MotoGp, quindi per me non è un mondo nuovo, tuttavia diversi dettagli li ho appresi da questo romanzo, specchio di chi conosce bene lo sport.


La scrittura fluida permette alla storia di essere letta senza difficoltà o salti. Avevo già letto un altro romanzo di Daphne e il suo modo di narrare mi era già piaciuto in “Come stelle cadenti a Broadway”. Qui, però, c’è una Daphne diversa. Ho riconosciuto il suo modo di vedere e di riportare su carta le vite dei suoi personaggi, però l’ha fatto scegliendo un tipo di narrazione diverso dal libro precedente e l’ho trovato giusto. Lo stile di un autore non cambia, è la voce narrante a farlo. Si adatta alla storia, ai personaggi e al contesto. Altrimenti sarebbe come leggere sempre la stessa cosa ma riproposta in altro modo. Quando i personaggi sono ben caratterizzati, l’autore è solo il mezzo che li rende vivi. Va da sé che bisogna adattarsi agli attori della storia.


Come ho detto prima, sono molto curiosa di leggere il prossimo volume della serie (una trilogia di autoconclusivi che consiglio di leggere in ordine di uscita anche se ha come protagonisti personaggi diversi). Ludovico mi ha fatto tenerezza sin da subito e Celeste vive una situazione molto particolare dalla quale vorrei scappasse subito. In questo volume si gettano le basi della loro storia e c’è una scena che ha fatto schizzare la mia curiosità!









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