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Recensione: "La Figlia della Dea della Luna", di Sue Lynn Tan



Trama


Cresciuta sulla Luna, Xingyin non sa che la stanno nascondendo dal temibile imperatore del Regno Celeste, che ha esiliato sua madre per aver rubato l'Elisir di Lunga Vita. Quando però, utilizzando inconsapevolmente la magia di cui è dotata, rivela la propria esistenza, è costretta a fuggire abbandonando la sua casa. Sola, incapace di controllare i propri poteri e piena di paura, si dirige verso il Regno Celeste, terra di meraviglie e di segreti. Qui, sotto mentite spoglie, impara l'arte dell'arco e della magia insieme al figlio dell'imperatore, cercando di ignorare la passione che presto inizia a divampare tra di loro. Per salvare la madre, Xingyin sarà costretta a intraprendere un viaggio avventuroso e ad affrontare creature leggendarie e pericolosi nemici. Ma quando la magia proibita minaccia il regno e Xingyin si ritrova a sfidare nientemeno che il feroce imperatore, dovrà scegliere se rischiare di perdere tutto ciò che ama o lasciare che il reame sprofondi nel caos…






Il mio parere


Da amante della cultura orientale (giapponese soprattutto), non ho saputo resistere dall’acquistare questo libro. Inoltre, va detto, ha una cover e cura dei dettagli stupenda! Per quanto si dica di non giudicare un libro dalla copertina, è altresì vero che ricopre un ruolo importantissimo. L’occhio vuole sempre la sua parte. Per fortuna l’estetica è stata soltanto una delle tante cose che ho apprezzato.


La storia di Xingyin si divide in tre parti. La prima è quella che mi ha preso meno. Un momento di passaggio e addestramento troppo raccontato e poco mostrato per coinvolgermi. La protagonista impara l’arte del combattimento e, soprattutto, come utilizzare la magia, cosa che la elettrizzava tantissimo. Tuttavia, a parte qualche sporadica scena, troppo breve per avere un peso, alla fine dei conti si apprende il suo miglioramento anziché vederlo. Xingyin reitera sempre lo stesso pensiero sulla madre, c’è una vera focalizzazione della storia soltanto durante questi momenti. Per tutto il tempo della prima parte mi è sembrato di leggere una fiaba, stessa sensazione che crea la terza persona con una visione dall’alto. Gli unici istanti interessanti erano le interazioni fra lei e Liwei, di cui mi sono innamorata praticamente subito. Altra nota dolente di queste prime 200 pagine, i colpi di scena che non erano colpi di scena. Tutto è filato secondo la logica, neanche per un attimo ho avuto il dubbio di cosa sarebbe successo per quanto fosse palese. Mi è sembrato quasi che la prima parte fosse stata scritta come obbligo/necessità nei confronti di quello che sarebbe venuto dopo e che quindi non abbia ricevuto la giusta attenzione.


Il racconto comincia a farsi più avvincente dalla seconda parte in poi. Si entra nel vivo dell’azione, Xingyin matura esperienza sul campo e ci viene anche mostrato un combattimento molto duro. Sebbene sia inutile far credere al lettore che la voce narrante stia per morire, l’autrice è stata molto brava a creare un flusso di coscienza serrato che catapulta all’interno della scena. Quindi sì, Xingyin non poteva morire ma se l’è vista davvero brutta! In questa seconda parte conosciamo bene un altro personaggio: Wenzhi, un grande guerriero che s’insinua nel cuore di Xingyin, formando un triangolo amoroso. Le interazioni romantiche all’interno della storia sono poche rispetto al resto, l’attenzione principale è focalizzata sull’evoluzione della protagonista, ma ciò che accade colpisce. Fra le tante cose che amo della cultura orientale c’è il rispetto e la dolcezza, l’ho visto in una marea di manga e manhwa. Difatti, ogni volta che si veniva a creare un momento intenso fra Xingyin e Liwei o Xingyin e Wenzhi mi veniva rubato un battito. Quando prendersi per mano può valere più di qualsiasi altra cosa… L’ho trovato stupendo. E non posso non menzionare la scena più empatica di tutto il libro, ossia uno scontro all’ultimo sangue al quale Xingyin è stata costretta. Le emozioni della protagonista, i conflitti e le speranze erano vivi, pulsanti. Nonostante mi senta di fare un appunto proprio su questa bellissima scena, ossia aver percepito un raggiro nei confronti del lettore (per com’è stata sviluppata la scena, la protagonista ha omesso dei dettagli che avrebbero scoperto il suo gioco, ma sarebbe bastata una frase più generica per tenere il lettore allo scuro e non mentirgli), mi è piaciuta e mi ha coinvolta moltissimo.


Nella terza parte Xingyin affronta l’ennesima sfida, quella che potrebbe avvicinarla davvero al suo più grande desiderio. Qui la storia si fa ancor più interessante. Se all’inizio ciò che accadeva era troppo scontato, qui c’è un colpo di scena che ti lascia a bocca aperta. A dire il vero, avevo intuito che c’era qualcosa che non quadrava con un personaggio. La sua caratterizzazione era troppo blanda per il ruolo che aveva all’interno della storia, tant’è che ho pensato sarebbe morto. E invece…


Anche il finale mi ha stupita. Credevo che i quattro draghi avrebbero avuto un impatto maggiore sull’evoluzione del racconto, dato il loro smisurato potere. Invece l’autrice ha scelto un’altra via, sottolineando ancor di più la forza della protagonista (un personaggio che non si è mai tradito, vivo di emozioni e sogni, forte e fragile al tempo stesso). Il libro non ha un cliffhanger in chiusura, ma gli eventi rimasti in sospeso incuriosiscono sul resto della storia. In particolar modo sono curiosa di sapere dove volgerà il cuore di Xingyin. Io sono team Liwei. Anche se Wenzhi ha il suo perché, Liwei ha il mio cuoricino. E poi al mercato la venditrice ha detto qualcosa che, secondo me, era profetico.


Non vedo l’ora di leggere il finale!









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