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Recensione: "Il contratto", di Elle Kennedy


Gli spoiler sono occultati per chi ancora non ha letto il romanzo.

Trama


Hannah Wells è una studentessa modello. Una di quelle ragazze intelligenti che al college non godono di alcuna popolarità. Ora si è presa una bella cotta per il più fico della scuola, ma c’è un problema: per lui Hannah non esiste. Come riuscire a farsi notare? Garrett Graham è un bad boy, ed è anche uno dei ragazzi più popolari, grazie alle sue imprese sul campo da hockey. Ma le speranze di un grande futuro rischiano di andare in fumo perché i suoi voti sono troppo bassi. Avrebbe bisogno di un aiuto per superare l’esame di fine semestre e poter diventare un giocatore professionista… E allora è naturale che i due stringano un patto. Hannah sarà la tutor di Garrett fino alla fine dell’anno. In cambio, Garrett fingerà di uscire con lei per accrescere la sua fama: a quel punto tutti la noteranno di sicuro. Ma qualcosa va storto e quel bacio in pubblico, tra Hannah e Garrett, non sembra poi così falso…






Il mio parere


Ho preso e lasciato questo romanzo tre volte. Volevo capire perché in tanti ne andassero matti e alla fine l’ho capito, ma non certo grazie al primo 20%.


All’inizio i protagonisti si presentano così male che non sono neanche riuscita a concedere le canoniche 50 pagine, ponendo fine al primo tentativo dopo il primo capitolo.  Garrett è il classico sciupafemmine che se ne fa una diversa al dì, idolatrato da tutti e super ricco. No, non è questo il problema, bensì l’esagerata arroganza e spocchia e presunzione (sono tutti sinonimi, lo so, è per rafforzare) che sprigiona da ogni poro alle prime pagine. E quando ha partorito la perla “ma perché tutte vogliono una relazione con me?” (povero tesoro! Stressato da tutte queste donne che vogliono di più!) ho mollato il libro per la seconda volta. Il primo blocco, invece, è accaduto a causa di Hannah. La narrazione che si rivolge al lettore qui è molto accentuata, tuttavia ciò che mi ha scioccata è stata la frase “da quando sono stata stupr*ta sono stata con due ragazzi”. Ho atteso una spiegazione, qualcosa che sottolineasse l’orrore appena confessato e invece niente. La cosa è stata liquidata come info superflua del tipo “ieri ho buttato un paio di calzini che avevo da anni”. E nell’arco del primo 20% si sono susseguite altre due frasi con lo stesso grado inqualificabile di superficialità.


Ma non potevo mollare. Dovevo capire cos’avesse di speciale questo romanzo e mi sono tenuta stretta due pensieri: primo, ovunque viene detto che Garrett è un supero golden boy; secondo, può essere plausibile che Hannah abbia scelto di sminuire l’accaduto per impedire che continuasse a distruggerla.


Sono molto contenta di aver proseguito e dispiaciuta per questo inizio che aveva una buona idea, ossia far sembrare i personaggi diversi da come sono realmente, ma che invece, per me, è stata esposta in modo troppo esagerato. Quindi, se l’inizio di questo romanzo vi dovesse far storcere il naso, vi consiglio di superare il 20%; da quel punto in poi la storia diviene sempre più interessante.


Dunque, abbiamo un golden boy e una ragazza che, sebbene abbia ritrovato l’equilibrio, resta spezzata da quel brutto giorno di cinque anni prima. Il rapporto fra i protagonisti inizia a causa dell’esigenza di uno dei due, che tampina l’altro fino a ottenere ciò che vuole. Se c’è un trope che mi è sempre piaciuto è quando uno dei due aiuta l’altro a conquistare la persona di cui è innamorata/o, non calcolando che a innamorarsi alla fine saranno loro due. Perciò abbiamo la finta relazione, il finto appuntamento, la relazione insegnante-studente e anche la scena one bed! Cosa volete di più? Aggiungiamo un po’ di hockey, i contrasti iniziali fra i protagonisti costretti a interagire più del previsto, il passato ingombrante di entrambi e diverse scene divertenti… direi che la storia funziona davvero bene!


Cosa mi è piaciuto di più? Senza ombra di dubbio il personaggio di Garret. Sono arrabbiata con l’inizio del romanzo soprattutto per questo. Garret non è affatto arrogante, spocchioso e presuntuoso. È meraviglioso, dolce e premuroso! Ci vorrebbero molti più ragazzi così! Quello che appare all’inizio di lui è ciò che gli altri si aspettano e quello che è stato abituato a essere. Chi è davvero lo scopriamo grazie a Hannah, lui stesso scopre qualcosa d’importante su se stesso grazie alla sua vicinanza. Per fortuna la protagonista non rientra fra quelle troppo sopra le righe tanto da essere antipatiche e da non meritare la controparte. Non credo di essere mai stata in disaccordo con lei, ho trovato le sue azioni coerenti con il personaggio delineato. Non è stato detto esplicitamente che all’inizio era sua intenzione sminuire ciò che le è accaduto per non vivere più nella paura, ma ho capito che l’intento fosse quello. Soprattutto nella scena in cui rincontra un dato personaggio – un orribile personaggio che ha incolpato lei per le proprie mancanze, facendola sentire ancor più inappropriata. Peccato per com’è stato presentato all’inizio il suo trauma, dubito che venga naturale pensare a una difesa mentale piuttosto che a un escamotage narrativo per riempire il passato del personaggio.


Scena molto sensuale quella di quando hanno avuto i primi approcci fisici. Rispettosa, giusta soprattutto perché lei non risolve i suoi problemi come avesse trovato la bacchetta magica (ah, che bella frase a doppio senso che ho trovato!) Lei è imbarazzatissima, la scena non è scritta per smuovere gli ormoni ma ha un grande significato, e lui cerca di metterla a suo agio in tutti i modi. Qui ho amato Garret alla follia!


Nonostante i protagonisti siano entrambi interessanti, la caratterizzazione è stata lasciata un po’ al caso. Entrambi usano le stesse espressioni, come “oh oh” oppure “eh sì”, che ci sta dopo un lungo periodo passato insieme però non da subito. Ognuno di noi ha il suo modo di fare e di dire, oltre al fatto che Garret e Hannah hanno vite molto diverse che inducono a sviluppare un linguaggio personale differente.

Parlando sempre di linguaggio, alcune cose mi hanno lasciato davvero perplessa. I personaggi usano parole come “pollastrella” e “pupa” che non sono propriamente adeguate al 2015 (anno in cui è stato pubblicato il libro) ma più agli anni ’70. Invece, i messaggi che si sono scambiati per chat con le parole abbreviate (tt, bn, dmn) mi hanno ricordato i primi anni del 2000 quando li usavo io a 13-14 anni. A parte ciò, la scrittura è fluida, la storia si legge con gran piacere.


Non c’è la dinamica forzata dell’hate to love, all’inizio nessuno dei due prova niente, ammettono reciprocamente che l’altro ha un bel fisico ma i battibecchi non sono stati creati per alimentare la dinamica bensì per il contatto forzato.


Finale classicissimo

SPOILER


L’epilogo è un nì. Sì perché ha raccontato qualcosa d’importante, un altro passo avanti per Garret; no perché mi aspettavo qualcosa in più per i protagonisti. Inoltre, mi aspettavo un risvolto positivo per la situazione dei genitori di Hannah, rimasta un boh, e la questione di Aaron. Alla fine, ci sta, purtroppo è fin troppo vero che chi dev’essere punito invece si gode la bella vita; però, chissà… speravo in qualche bella punizione.

SPOILER


Per concludere, condivido appieno il pensiero che spesso le brutte persone hanno ciò che non meritano e quelle buone devono arrancare in una vita d’ingiustizie. La cosa davvero brutta, come viene sottolineato nel libro, è che spesso anche se vengono fuori le cattiverie di qualcuno, tanti decidono d’ignorarle e di continuare a idolatrare il loro “mito”. Sostenere chi fa del male agli altri è come essere suo complice.













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